Liti in tra fratelli e sorelle, figli del genitore defunto

La relazione tra fratelli costituisce un rapporto familiare che trae origine in età infantile e che è condizionato dai comportamenti dei genitori. Si tratta di una relazione forte  che si manifesta subito nel suo tratto principale: l’ambivalenza. L’arrivo di un fratello crea per il maggiore una riduzione di spazio relazionale con i propri genitori. Pertanto sin dal nuovo arrivo si manifesta un antagonismo che viene controbilanciato dalla relazione di vicinanza, condivisione di momenti allegri o tristi con il proprio pari più prossimo. Il legame infantile con i genitori comuni può dare origine a competizione, gelosie e rancori.  Il genitore può manifestare preferenze, anche inconsapevolmente, nei riguardi di un figlio rispetto all’altro e portarlo a comparazioni che feriscono involontariamente il figlio sminuito da tale confronto. Altro comportamento condizionante dei genitori è la ricerca dell’alleanza con uno dei figli, ad esempio nella gestione del rapporto con l’altro genitore, così da polarizzare i fratelli e allontanarli da una loro complicità. E, ancora, i genitori possono ingenerare il copione familiare della “pecora nera”. Ciò accade quando un figlio realizzi il proprio progetto di vita diverso dalle aspettative e dal mandato genitoriale. In tale situazione i genitori possono condizionare la percezione del fratello “diligente” nei confronti del fratello “ribelle”, copione che continuerà ad affermarsi anche nell’età adulta fino ad esplodere al venire meno dei genitori comuni.

Ogni relazione è unica, si sviluppa e si consolida nel tempo influenzata da una serie di messaggi non verbali o verbali che i genitori e le altre figure significative inviano ai bambini. Questi messaggi influenzano le percezioni, le decisioni e i comportamenti anche in età adulta. L’insieme di aspettative, modelli di comportamento e ruoli che vengono implicitamente trasmessi all’interno di una famiglia, influenzano il modo in cui i membri interagiscono e percepiscono se stessi e gli altri. È una specie di “sceneggiatura” non scritta che definisce chi fa cosa, come si comportano in diverse situazioni e quali ruoli si aspettano che ognuno svolga. Quando un membro di famiglia si sottrae e tradisce il copione consolidato, violando il ruolo attribuitogli, il nucleo familiare va in crisi e si innesca un meccanismo di riadattamento dei membri che lo costituiscono. Questo meccanismo di frattura e riassestamento si verifica quando il singolo membro percepisce uno spazio che gli consente finalmente di farlo. Tale condizione si verifica spesso alla morte di uno o entrambi i genitori. La conseguenza è la modificazione delle relazioni che restano, ad esempio quelle tra fratelli.

Nell’ambito di questa cornice psicologica e relazionale sorgono le frequenti liti in materia ereditaria. Tali liti si caratterizzano per avere un ampio spettro di contesa: non solo l’assetto patrimoniale, ma anche l’assetto emotivo e di relazione di lungo corso.

Esaminiamo la casistica giuridica ricorrente in mediazione civile.

I casi più comuni riguardano la divisione, sic et simpliciter, di massa ereditaria proveniente da una successione legittima.

In tali casi non vi sono disposizioni testamentarie e diseguaglianze nelle volontà del genitore defunto. Tuttavia la criticità emerge in quanto il rapporto con alcuni beni della massa attiva o il rapporto con la massa passiva risultano sbilanciati in conseguenza di attività o inerzia di alcuni degli interessati, ad esempio uno dei fratelli o sorelle abbia un godimento esclusivo di un determinato bene immobile caduto in successione e/o ne impedisca il godimento all’altro fratello od ostacoli la divisione del bene stesso.

Con riguardo alla massa passiva, invece, la casistica è riconducibile al fatto che taluno abbia maturato un credito o abbia anticipato esborsi per fronteggiare spese e coprire debiti e al momento della divisione non vi sia eguale disponibilità liquidità sufficiente per fronteggiare le voci passive.

In questi contesti la mediazione civile risulta utile per recuperare una capacità comunicativa e programmatica tra i contendenti che li porti ad attribuire il giusto valore della massa ereditaria e pianificare la divisione della stessa nel modo più comodo e funzionale ad entrambe le parti.

Le parti in mediazione di solito arrivano ormai deprivate di capacità di ascolto reciproco ed anche soluzioni che al terzo imparziale sembrano facilissime e proposte dalle stesse parti risultano impedite dalla sola incapacità di ascoltare facendo prevalere la rivalità anziché  la propria utilità. Il mediatore in questi casi dovrà lavorare sulla stimolazione di ciascuna parte di focalizzare su sé stesso e sui propri interessi, ascoltando i bisogni dell’altro e contribuendo alla produzione di idee solutive che tengano conto di tutti i bisogni dispiegatisi sul tavolo della mediazione.

Casistica riguardante i lasciti testamentari.

Le liti ricorrentemente assumono i caratteri di una impugnazione del testamento per lesione di legittima o per falsità dello stesso.

Non è raro che il genitore defunto abbia ritenuto di disporre dei propri beni beneficiando uno dei fratelli a svantaggio dell’altro o degli altri. Le ragioni che inducono un genitore a tale scelta possono essere le più varie. Prevale la motivazione legata ad una assistenza in vita più intensa da parte di un figlio che si vuole in qualche modo ringraziare mediante la disposizione testamentaria rispetto a quello che si percepisce più distante e/o disinteressato.

Da parte di chi subisce la scelta che premia l’altro familiare si giunge a contestare la falsità, materiale o ideologica, del documento che contiene le disposizioni. Non è detto, però, che l’ipotesi risulti fondata o, comunque, risulterebbe tutta da accertare.

In questi casi la ricostruzione potrebbe avvenire nell’unica sede possibile, quella giudiziale, ed assume i connotati di significativa complessità. Ad esempio, potrebbe essere necessario coinvolgere un grafologo ove il testamento rinvenuto fosse olografo oppure ricostruire la capacità di disporre del testatore, perché affetto da decadimento cognitivo al tempo della disposizione o perché non libero di esprimere le proprie volontà in quanto indotto con pressioni, suggerimenti e financo redazione da parte di altro soggetto o raccolta di volontà inesistenti o non veritiere.

La mediazione civile in questi casi può venire incontro alla soddisfazione dei bisogni delle parti ripercorrendo l’effettiva esistenza di ragioni che abbiano portato un genitore a delle scelte, a prescindere dalla loro adeguatezza morale e giuridica. La mediazione aiuta a valutare se le ragioni giuridiche che innescherebbero un percorso giudiziale lungo e complesso possano essere accantonate in una ottica di collaborazione nella definizione del rapporto successorio che lega i fratelli, trovando essi stessi soluzioni equilibrate nel rispetto delle volontà del testatore e delle priorità di ciascuna parte interessata.

In queste situazioni il mediatore può stimolare le parti a riflettere su quanto effettivamente ottenibile in sede giudiziaria e quanto più utilmente le stesse si sentano disponibili a concedere per una rapida definizione della controversia, stimolando il loro empowerment e capacità decisionale, scevra dalle reazioni sentimentali dettate dal proprio vissuto pregresso con genitore e fratello.

Le violazioni di quote legittime sono frequenti non solo nelle disposizioni in favore dei figli, ma anche in danno al coniuge superstite, sia per disposizioni che sanciscano una maggior devoluzione in favore di uno anziché dell’altro, sia che coinvolgano parenti più lontani in ordine di parentela, sia che coinvolgano terzi estranei.

Le disposizioni espresse  possono rivelare il contesto culturale entro il quale il testatore è vissuto: ad esempio la componente maschilista e patriarcale che porta il decuius a disporre in favore della genia maschile a scapito di quella femminile. Un caso concreto trattato ha riguardato la presenza di una attività imprenditoriale ben avviata dal defunto.. Con testamento il padre trasferiva l’intero patrimonio aziendale ai soli figli maschi che ancora operavano all’interno dell’azienda determinando la violazione di quota legittima spettante alle sorelle e alla moglie.

Analoghi e più generali casi possono riguardare l’asse ereditario formato di beni immobili o denaro con disposizione testamentaria che escluda totalmente o in parte i familiari aventi diritto.

Non mancano i casi nei quali la moglie venga espressamente estromessa dalla disposizione testamentaria perfino in favore esclusivo di parenti non legittimari o terzi estranei.

In questi casi il mediatore dovrà adoperarsi affinchè le parti cooperino al corretto calcolo della massa ereditaria e alla definizione delle quote legittime e della quota disponibile. Raggiunto tale obiettivo, tuttavia, il percorso sarà ancora lungo dovendo poi definire come procedere alla trasformazione delle quote ideali in quote materiali e alla loro divisione.

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