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Tentativo di mediazione

E’ proponibile in qualsiasi materia e per qualsiasi controversia.

è OBBLIGATORIO per accedere al processo ordinario
• Condominio
• Diritti reali (proprietà, usufrutto, usucapione ecc..)
• Successioni ereditarie
• Divisione
• Locazione
• Comodato d’uso
• Affitto di azienda
• Patti di famiglia
• Contratti assicurativi
• Contratti bancari e finanziari
• Risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria
Fonte: D.lgs 28/2010 come modificato dal D.L. 69/2013 convertito in L. 98/2013

Come funziona la Mediazione
Il luogo
• un campo neutro ove incontrarsi.
Il mediatore
• un facilitatore della comunicazione fra le parti, con esperienza e formazione nelle dinamiche interpersonali e preparato tecnicamente nella materia oggetto della controversia.

Le parti
• I contendenti, con i loro avvocati, che necessitano di un osservatore imparziale ed una guida efficace per tracciare un percorso di comune soddisfazione lasciando in disparte il contrasto per focalizzare unicamente sul proprio interesse.
L’accordo
• Il punto d’approdo di mutua soddisfazione, raggiunto in riservatezza, rapidità ed economicità. •In Mediazione non vi sono rischi perché non vi sono vincitori e vinti, solo opportunità. In caso di mancato accordo ci si può sempre rivolgere al giudice.

CONVENIENZA FISCALE
Convenienza Fiscale della Mediazione
Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
Il verbale di accordo e’ esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta e’ dovuta per la parte eccedente.
Art.17 d.lgs.28/2010

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Mediazione familiare

Per Mediazione Familiare si intende un processo collaborativo di soluzione dei conflitti della coppia, nei casi in cui il rapporto sia in crisi, stia finendo o sia finito.
Le parti (coniugi, conviventi, ecc..) sono ascoltate ed assistite da un soggetto terzo imparziale, il Mediatore, per essere facilitati nella comunicazione l’una con l’altra e trovare una soluzione accettabile per entrambi relativa alle questioni familiari emerse ed alla riorganizzazione della relazione e la gestione dei figli, anche dopo l’eventuale separazione.
Il mediatore agendo da facilitatore della comunicazione tra le parti le aiuta a raggiungere un obiettivo concreto che è la riorganizzazione delle relazioni, ciò anche a seguito della separazione o del divorzio.

Il percorso di mediazione familiare abitualmente si articola in un primo incontro conoscitivo e successivi incontri di ascolto ed esplorazione di una nuova modalità relazionale e soluzioni delle questioni emerse.

La Mediazione Familiare non deve essere confusa con la terapia psicologica di coppia. Con la prima si lavora sugli aspetti di stabilizzazione e gestione di nuovi assetti che la coppia intende darsi (per es. la gestione dei figli serena in caso di separazione), con la seconda si lavora sulle dinamiche psicologiche individuali e reciproche secondo un percorso terapeutico vero e proprio.

Attualmente in Italia la Mediazione Familiare rientra nell’ambito applicativo della Legge n.4/2013 contenente disposizioni in materia di professioni non organizzate in Ordini e Collegi.
La Mediazione si afferma in un primo momento nell’ambito giudiziario minorile per effetto del D.P.R 448/1988 che, pur non facendo cenno al termine di “mediazione”, prevede che il giudice ha la facoltà di impartire al minore, sottoposto alla messa alla prova, “prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e promuovere la conciliazione del minore con la persona offesa”.

Tra gli altri interventi legislativi è possibile indicare la legge 5 Agosto 2001, n.154 contenente “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari” che ha introdotto il titolo IX bis, libro I del codice civile ed il capo V bis , titolo II, libro IV del codice di procedura civile recanti la disciplina degli ordini di protezione contro gli abusi familiari. In particolare, significativo è l’art 342 ter cc che in merito al contenuto del provvedimento giudiziale, prevede che “il giudice può disporre, altresì, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un Centro di Mediazione Familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati”.
La legge 14 febbraio 2006, n.54 (Separazione genitori e affidamento condiviso dei figli) inoltre dispone che “il giudice qualora ne ravvisi l’opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 337 ter cc per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”. In ragione della legge 54/2006 la predetta disposizione è applicabile a tutti i casi di dissoluzione della coppia genitoriale e dunque anche in casi di divorzio e di invalidità matrimoniale, nonché nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
Il legislatore italiano, prendendo spunto dalla procedura partecipativa entrata in vigore in Francia e ispirata al diritto collaborativo nordamericano, ha introdotto, con la legge n. 162/2014, l’istituto della negoziazione assistita da uno o più avvocati per parte e incentivato il ricorso all’arbitrato forense, allo scopo di deflazionare il carico giudiziario, favorendo la risoluzione stragiudiziale delle controversie civili. La negoziazione assistita è facoltativa nel contenzioso familiare. Infatti la Legge n.162/2014 dispone che “la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale della separazione personale, scioglimento del matrimonio, di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione e divorzio.” L’art 6 dispone altresì che “Nell’accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la Mediazione Familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori”.

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Opposizione a Decreto Ingiuntivo e Mediazione Civile – Sezioni Unite della Cassazione

Con sentenza delle Sezioni Unite la Corte di Cassazione si pone uniformità sulla questione di condizione di procedibilità e onere di avvio tentativo obbligatorio di mediazione nei processi di opposizione a decreto ingiuntivo.
La questione in esame nasce da un caso di ottenimentoo da parte di una banca del decreto ingiuntivo per il recupero di un credito.
L’ingiunto (opponente) proponeva opposizione lamentando tassi usurari.
Il giudice dell’opposizione alla prima udienza rinviava in mediazione ai fini della procedibilità del giudizio di opposizione. Nessuna delle due parti avviava il tentativo richiesto.
Il giudice dichiarava, quindi, l’improcedibilità del giudizio e, uniformandosi all’orientamento espresso dalla terza sezione dell Cassazione nel 2015 (sent. n.24629) dichiarava irrevocabile il decreto ingiuntivo emesso.
La parte opponente proponeva appello ma anche in questa sede il giudice del gravame aderiva allo stesso orientamento.
Opposizione a Decreto Ingiuntivo e Mediaizone Civile – Sezioni Unite della Cassazione (28 settembre 2020)
Parte opponente proponeva, quindi ricorso alla Suprema Corte per violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, per avere identificato nell’opponente la parte tenuta ad introdurre il procedimento di mediazione obbligatoria.
La tesi seguita dalla sentenza n. 24629 del 2015 trova il proprio fondamento nell’affermazione secondo cui, poiché è l’opponente il soggetto interessato alla proposizione del giudizio di cognizione, è su di lui che deve gravare l’onere di avviare la procedura di mediazione.
D’altro canto, però, è sostenibile anche l’altra tesi, che ha dalla sua il fatto che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il convenuto opposto ad essere l’attore in senso sostanziale; e con la proposizione dell’opposizione il giudizio torna ad essere un normale giudizio di cognizione.
“Ritengono queste Sezioni Unite che l’orientamento inaugurato dalla più volte citata sentenza n. 24629 del 2015 non possa essere confermato e che il contrasto esistente nella giurisprudenza vada composto stabilendo che l’onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è a carico del creditore opposto. Sarà il creditore a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione
Deve essere enunciato, pertanto, il seguente principio di diritto:
«Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo».”
E’ il creditore (opposto) a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione.