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Impegnarsi per riconciliarsi: l’impresa potrebbe valere la spesa.

Il legislatore, agli esordi della mediazione civile (2010), al fine di far conoscere all’utenza  il nuovo istituto, aveva calcolato la possibilità di offrire  ai partecipanti di sedersi al tavolo del dialogo “senza impegno” per far loro ascoltare in cosa consistesse la procedura alla quale fossero stati invitati  e solo in una seconda fase,  ascoltate le informazioni pronunciate dal mediatore, esercitare la scelta di partecipare attivamente alla ricerca di una soluzione della lite in corso. *

Il D.lgs.28/2010 come integrato nel 2013 dispone che al fine di soddisfare la condizione di procedibilità non è necessario che le Parti trovino un accordo conciliativo, è sufficiente presentarsi al primo incontro dinanzi al mediatore. Ciò ha aperto il tema interpretativo circa l’effettività del tentativo di mediazione.

È sufficiente il mero incontro tra le Parti per considerare soddisfatte le finalità del tentativo di conciliazione?

Oggi la mediazione civile, trascorsi oltre 10 anni dalla sua introduzione nel nostro ordinamento, è parte integrante del sistema di giustizia italiano. Sia gli operatori del diritto che i cittadini hanno avuto modo di sperimentarne l’utilizzo e gli scopi raggiungibili. Pertanto  il ruolo della c.d. fase informativa della procedura ha assunto connotati  interpretativi che  nel tempo si sono modificati o meglio definiti. Il Tribunale di Monza ce ne offre un esempio. Trib. Monza – Ordinanza del 5.02.2021 .

Il superamento della condizione di procedibilità a tenore di norma si ottiene mediante la partecipazione al primo incontro anche se si conclude senza accordo*. Tuttavia, soprattutto in circostanze in cui sia il giudice a demandare in mediazione la causa pendente, non può più essere ritenuto sufficiente affrontare la sola  fase informativa che caratterizza la parte iniziale del primo incontro. Ormai è comunemente noto il funzionamento della procedura della mediazione. Pertanto lo sforzo che viene richiesto alle parti è quello di lasciare spazio allo svolgimento della procedura stessa, che si compia in uno o più incontri.

Il tentativo di mediazione, per raggiungere il suo obiettivo principale, deve essere effettivo, con ciò intendendo che le Parti non solo debbano presentarsi al primo incontro, ma anche assumere un comportamento  costruttivo ai fini della ricerca di una soluzione conciliativa. Nel caso monzese il giudice “precisa altresì che per “mediazione disposta dal Giudicesi intende che il tentativo di mediazione sia effettivamente avviato e che le parti – anziché limitarsi al formale primo incontro – adempiano effettivamente all’ordine del Giudice, partecipando alla conseguente procedura di mediazione”. E precisa anche che “ le parti dovranno essere presenti dinanzi al mediatore personalmente”.  Questo orientamento, invero, è stato più volte manifestato dalla giurisprudenza non solo di prime cure, ma ci offre anche lo spunto di una riflessione più ampia e di tipo comparato.

Ad Ottobre 2021 in Danimarca è stato varato un aggiornamento dei contributi di giustizia, gli equivalenti dei nostri contributi unificati, che oltre a modificarne gli importi ne prevede il conferimento in due tranche,  versamento di una porzione di contributo ad introduzione della domanda ed un secondo versamento, quello più oneroso, in occasione dell’udienza principale,  intendendo così motivare le parti a raggiungere un accordo prima di tale udienza, prevedendo perfino un sistema di rimborso qualora le parti chiedano la cancellazione del giudizio pendente prima che l’udienza si tenga. (Articolo di Claudia S.Mathiasen – avvocato in Copenhagen)  Questo meccanismo di versamento delle spese di giustizia potrebbe essere un ottimo strumento deflattivo anche in Italia ed un incentivo nuovo e forte ad una virtuosa attitudine alla ricerca di soluzioni fra le parti al di fuori dell’aula del tribunale e più specificatamente in mediazione. Si potrebbe, infatti, ipotizzare di porre in relazione la mediazione demandata ed una previsione di restituzione del contributo unificato all’attore che rinunci al giudizio per accordo raggiunto in mediazione.

avv. Rosemary Perna – Dott.ssa Valentina Laurenzano

*D.Lg.s 28/2010 – Art. 5 comma 2-bis:  Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza accordo. 

Art. 8 comma 1: Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento.

 

 

 

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Tentativo di mediazione

E’ proponibile in qualsiasi materia e per qualsiasi controversia.

è OBBLIGATORIO per accedere al processo ordinario
• Condominio
• Diritti reali (proprietà, usufrutto, usucapione ecc..)
• Successioni ereditarie
• Divisione
• Locazione
• Comodato d’uso
• Affitto di azienda
• Patti di famiglia
• Contratti assicurativi
• Contratti bancari e finanziari
• Risarcimento del danno da responsabilità medica e sanitaria
Fonte: D.lgs 28/2010 come modificato dal D.L. 69/2013 convertito in L. 98/2013

Come funziona la Mediazione
Il luogo
• un campo neutro ove incontrarsi.
Il mediatore
• un facilitatore della comunicazione fra le parti, con esperienza e formazione nelle dinamiche interpersonali e preparato tecnicamente nella materia oggetto della controversia.

Le parti
• I contendenti, con i loro avvocati, che necessitano di un osservatore imparziale ed una guida efficace per tracciare un percorso di comune soddisfazione lasciando in disparte il contrasto per focalizzare unicamente sul proprio interesse.
L’accordo
• Il punto d’approdo di mutua soddisfazione, raggiunto in riservatezza, rapidità ed economicità. •In Mediazione non vi sono rischi perché non vi sono vincitori e vinti, solo opportunità. In caso di mancato accordo ci si può sempre rivolgere al giudice.

CONVENIENZA FISCALE
Convenienza Fiscale della Mediazione
Tutti gli atti, documenti e provvedimenti relativi al procedimento di mediazione sono esenti dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie e natura.
Il verbale di accordo e’ esente dall’imposta di registro entro il limite di valore di 50.000 euro, altrimenti l’imposta e’ dovuta per la parte eccedente.
Art.17 d.lgs.28/2010

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Mediazione familiare

Per Mediazione Familiare si intende un processo collaborativo di soluzione dei conflitti della coppia, nei casi in cui il rapporto sia in crisi, stia finendo o sia finito.
Le parti (coniugi, conviventi, ecc..) sono ascoltate ed assistite da un soggetto terzo imparziale, il Mediatore, per essere facilitati nella comunicazione l’una con l’altra e trovare una soluzione accettabile per entrambi relativa alle questioni familiari emerse ed alla riorganizzazione della relazione e la gestione dei figli, anche dopo l’eventuale separazione.
Il mediatore agendo da facilitatore della comunicazione tra le parti le aiuta a raggiungere un obiettivo concreto che è la riorganizzazione delle relazioni, ciò anche a seguito della separazione o del divorzio.

Il percorso di mediazione familiare abitualmente si articola in un primo incontro conoscitivo e successivi incontri di ascolto ed esplorazione di una nuova modalità relazionale e soluzioni delle questioni emerse.

La Mediazione Familiare non deve essere confusa con la terapia psicologica di coppia. Con la prima si lavora sugli aspetti di stabilizzazione e gestione di nuovi assetti che la coppia intende darsi (per es. la gestione dei figli serena in caso di separazione), con la seconda si lavora sulle dinamiche psicologiche individuali e reciproche secondo un percorso terapeutico vero e proprio.

Attualmente in Italia la Mediazione Familiare rientra nell’ambito applicativo della Legge n.4/2013 contenente disposizioni in materia di professioni non organizzate in Ordini e Collegi.
La Mediazione si afferma in un primo momento nell’ambito giudiziario minorile per effetto del D.P.R 448/1988 che, pur non facendo cenno al termine di “mediazione”, prevede che il giudice ha la facoltà di impartire al minore, sottoposto alla messa alla prova, “prescrizioni dirette a riparare le conseguenze del reato e promuovere la conciliazione del minore con la persona offesa”.

Tra gli altri interventi legislativi è possibile indicare la legge 5 Agosto 2001, n.154 contenente “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari” che ha introdotto il titolo IX bis, libro I del codice civile ed il capo V bis , titolo II, libro IV del codice di procedura civile recanti la disciplina degli ordini di protezione contro gli abusi familiari. In particolare, significativo è l’art 342 ter cc che in merito al contenuto del provvedimento giudiziale, prevede che “il giudice può disporre, altresì, ove occorra l’intervento dei servizi sociali del territorio o di un Centro di Mediazione Familiare, nonché delle associazioni che abbiano come fine statutario il sostegno e l’accoglienza di donne e minori o di altri soggetti vittime di abusi e maltrattati”.
La legge 14 febbraio 2006, n.54 (Separazione genitori e affidamento condiviso dei figli) inoltre dispone che “il giudice qualora ne ravvisi l’opportunità, sentite le parti e ottenuto il loro consenso, può rinviare l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 337 ter cc per consentire che i coniugi, avvalendosi di esperti, tentino una mediazione per raggiungere un accordo, con particolare riferimento alla tutela dell’interesse morale e materiale dei figli”. In ragione della legge 54/2006 la predetta disposizione è applicabile a tutti i casi di dissoluzione della coppia genitoriale e dunque anche in casi di divorzio e di invalidità matrimoniale, nonché nei procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati.
Il legislatore italiano, prendendo spunto dalla procedura partecipativa entrata in vigore in Francia e ispirata al diritto collaborativo nordamericano, ha introdotto, con la legge n. 162/2014, l’istituto della negoziazione assistita da uno o più avvocati per parte e incentivato il ricorso all’arbitrato forense, allo scopo di deflazionare il carico giudiziario, favorendo la risoluzione stragiudiziale delle controversie civili. La negoziazione assistita è facoltativa nel contenzioso familiare. Infatti la Legge n.162/2014 dispone che “la convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale della separazione personale, scioglimento del matrimonio, di cessazione degli effetti civili del matrimonio e modifica delle condizioni di separazione e divorzio.” L’art 6 dispone altresì che “Nell’accordo si dà atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilità di esperire la Mediazione Familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell’importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori”.

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Opposizione a Decreto Ingiuntivo e Mediazione Civile – Sezioni Unite della Cassazione

Con sentenza delle Sezioni Unite la Corte di Cassazione si pone uniformità sulla questione di condizione di procedibilità e onere di avvio tentativo obbligatorio di mediazione nei processi di opposizione a decreto ingiuntivo.
La questione in esame nasce da un caso di ottenimentoo da parte di una banca del decreto ingiuntivo per il recupero di un credito.
L’ingiunto (opponente) proponeva opposizione lamentando tassi usurari.
Il giudice dell’opposizione alla prima udienza rinviava in mediazione ai fini della procedibilità del giudizio di opposizione. Nessuna delle due parti avviava il tentativo richiesto.
Il giudice dichiarava, quindi, l’improcedibilità del giudizio e, uniformandosi all’orientamento espresso dalla terza sezione dell Cassazione nel 2015 (sent. n.24629) dichiarava irrevocabile il decreto ingiuntivo emesso.
La parte opponente proponeva appello ma anche in questa sede il giudice del gravame aderiva allo stesso orientamento.
Opposizione a Decreto Ingiuntivo e Mediaizone Civile – Sezioni Unite della Cassazione (28 settembre 2020)
Parte opponente proponeva, quindi ricorso alla Suprema Corte per violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, per avere identificato nell’opponente la parte tenuta ad introdurre il procedimento di mediazione obbligatoria.
La tesi seguita dalla sentenza n. 24629 del 2015 trova il proprio fondamento nell’affermazione secondo cui, poiché è l’opponente il soggetto interessato alla proposizione del giudizio di cognizione, è su di lui che deve gravare l’onere di avviare la procedura di mediazione.
D’altro canto, però, è sostenibile anche l’altra tesi, che ha dalla sua il fatto che nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è il convenuto opposto ad essere l’attore in senso sostanziale; e con la proposizione dell’opposizione il giudizio torna ad essere un normale giudizio di cognizione.
“Ritengono queste Sezioni Unite che l’orientamento inaugurato dalla più volte citata sentenza n. 24629 del 2015 non possa essere confermato e che il contrasto esistente nella giurisprudenza vada composto stabilendo che l’onere di attivare il procedimento di mediazione nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo è a carico del creditore opposto. Sarà il creditore a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione
Deve essere enunciato, pertanto, il seguente principio di diritto:
«Nelle controversie soggette a mediazione obbligatoria ai sensi dell’art. 5, comma 1-bis, del d.lgs. n. 28 del 2010, i cui giudizi vengano introdotti con un decreto ingiuntivo, una volta instaurato il relativo giudizio di opposizione e decise le istanze di concessione o sospensione della provvisoria esecuzione del decreto, l’onere di promuovere la procedura di mediazione è a carico della parte opposta; ne consegue che, ove essa non si attivi, alla pronuncia di improcedibilità di cui al citato comma 1-bis conseguirà la revoca del decreto ingiuntivo».”
E’ il creditore (opposto) a dover assumere l’iniziativa di promuovere la mediazione.

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Tentativo di mediazione civile obbligatorio o volontario?

Tentativo di Mediazione Civile Obbligatorio o Volontario? Un dibattito sempre acceso che si accentua in tempi di crisi della organizzazione della giustizia come in questi giorni di tribunali fermi per coronavirus.
La mia esperienza di mediatore mi insegna che una mediazione può essere praticata solo con il giusto animo dei partecipanti. Le parti giungono ad una collaborazione solo se consapevoli di poter affermare il proprio interesse.
L’utilità dell’obbligatorietà è data esclusivamente dal fatto di creare “forzatamente” una opportunità sconosciuta agli utenti e agli operatori legali per mancanza di cultura conciliativa. Oggi, a 10 anni dalla sua introduzione, la mediazione è più nota. Tuttavia mi rincresce constatare che poche iniziative, anche collettivamente fra organismi di mediazione, siano state assunte in questi anni per la diffusione di una cultura di mediazione. Il Ministero di Giustizia è stato totalmente silente. Gli Ordini degli Avvocati poco hanno fatto per la formazione di avvocati esperti in assistenza in mediazione.
Parlare oggi tout court di introdurre obbligatorietà in tutte le materie quale strumento di deflazione della giustizia ordinaria rimasta ferma per due mesi (e chissà quanto ancora occorrerà per un ritorno alla normalità) per l’emergenza sanitaria da Covid-19 mi sembra una impostazione che ricalchi precedenti scelte, ma in tempi ormai mutati.

Meglio investire su Cultura della Mediazione e indurre le parti ad una scelta consapevole, scoraggiando e sanzionando di contro i comportamenti scorretti spesso praticati dalle parti in mediazione a meri fini dilatori e da taluni avvocati che strumentalizzano la procedura con richiesta di discutibili rinvii, richiami a norme c.p.c. o si atteggiano a difensori in una sede ove all’avvocato è richiesto di svolgere ruolo di assistente. Corre, poi, la necessità di rendere praticata la mediazione nei settori ove l’obbligatorietà già vige, contratti assicurativi e bancari, responsabilità sanitaria. Cosa si è fatto e si fa per scardinare un rifiuto di partecipazione di intere categorie? un vero cartello contro una legge dello Stato. In conclusione sarebbe sufficiente ingenerare buone pratiche e buoni risultati rispetto a quanto già è previsto senza generalizzazioni forzose. Riprova del ragionamento esposto lo è la percentuale elevatissima di procedure volontarie che si concludono positivamente.
In tempi di coronavirus la mediazione dovrebbe essere sempre più per le parti in lite un faro, una opportunità da cogliere, non perché sia l’ordinamento a dirlo, ma perché è d’avvero una risorsa in in termini di soluzioni e velocità.
Il verbale di Conciliazione è un Titolo Esecutivo al pari di una Sentenza.

Il giusto mediatore civile è quella risorsa in più su cui contare, sceglimi. www.rosemaryperna.it

Vedi anche
https://www.vagliomagazine.it/la-mediazione-civile-e-commerciale-limportanza-della-connotazione-commerciale-della-mediazione/

Leggi altri articoli correlati:
https://www.rosemaryperna.it/2019/11/14/tentativo-di-mediazione-e-proponibile-in-qualsiasi-materia-e-per-qualsiasi-controversia/

https://www.rosemaryperna.it/2020/02/24/tempi-medi-di-mediazione/

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I tempi di mediazione

La durata di un procedimento di mediazione è fissata dal D. Lgs 28/2010, art.6, comma 1, in 3 mesi. Tale termine è derogabile dalle parti che concordemente, ravvisando l’utilità del prolungamento della procedura, chiedano al mediatore di proseguire la trattazione.
Ad un periodo di mediazione nelle diverse procedure non corrispondono pari numero di incontri. Questi ultimi possono essere un numero variabile in base alle esigenze delle parti ed all’opportunità che ravvisa il mediatore.
Il primo incontro è quello c.d. conoscitivo, della verifica della sussistenza dei presupposti per “entrare” in mediazione. A questa prima fase può seguire, in prosecuzione immediata, già nel medesimo incontro, od in altro successivo, la fase di effettiva trattazione e ricerca di possibili soluzioni alla questione oggetto della mediazione.
Vi sono casi in cui un singolo incontro è sufficiente a concludere il procedimento.
Vi sono casi che, per complessità, consapevolezza delle parti, loro collaborazione, maturità delle scelte da operare, richiedono più incontri. Sebbene non si abbia una statistica del numero di incontri per procedura, è possibile affermare che anche le procedure più complesse difficilmente richiedano più di 4 incontri. Ove si superino i 4 incontri a parere di chi scrive probabilmente vi è una difficoltà formale/burocratica di qualche aspetto esterno che incide sulla procedura o un difetto di conduzione della procedura.
La complessità del caso, ad esempio, può richiedere un Accertamento Tecnico di Mediazione (CTM), la nomina di un consulente tecnico della materia oggetto di trattazione (la stima di un bene, la relazione causa-effetto di un evento dannoso, una ricostruzione contabile…), art.8, comma 4 del D.lgs.28/2010. L’avvio di tale iter implica necessariamente l’individuazione di un congruo termine per far sì che le operazioni peritali e la stesura di una relazione del tecnico imparziale siano correttamente eseguite.
Altra ipotesi di tempistica più articolata è quella della richiesta al mediatore della formulazione di una sua Proposta Conciliativa. In questo caso si conferisce al mediatore il potere di pronunciare una ipotesi di soluzione che le parti valuteranno se accogliere o rifiutare. (Art. 11 D.Lgs.28/2010).

I dati statistici, pubblicati sul sito del Ministero di Giustizia, rilevano che i tempi medi delle procedure di mediazione risultano essere nel 2019 pari a 140 giorni. Gli stessi dati riferiscono che vi sia un trend di tempi in aumento.
In tale trend (sostanzialmente 5 mesi a fronte dei 3 previsti per legge) può essere colto un segno positivo. La mediazione viene sempre più vissuta dalle parti come un percorso utile da affrontare con serietà ed approfondimento e non come un mero passaggio obbligato da svolgere in fretta, nel minor tempo possibile, per poter poi avanzare le proprie domande in sede giudiziale.
Foto e dati statistici tratti da: https://webstat.giustizia.it/Analisi%20e%20ricerche/Mediazione%20Civile%20al%2030%20settembre%202019.pdf
Avv. Rosemary Perna

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Infiltrazioni provenienti da quell’elemento di tubazione speciale comunemente chiamato BRAGA: spese a carico dell’utente privato.

Con sentenza del 2018 la Suprema Corte ha ribadito chiaramente  quanto in altre occasioni ha avuto modo di esplicitare: la rottura della braga implica l’intervento del privato, singolo condomino, a servizio del quale essa è posta e allo stesso spetta risarcire il condomino sottostante eventualmente danneggiato.

La Cass. Sent. N. 1027/2018 offre una definizione della braga, cioè l’elemento di raccordo tra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale di pertinenza condominiale e riporta: “mentre la proprietà comune condominiale è tale perché serve all’uso (e al godimento) di tutti i partecipanti, la braga invece, serve soltanto convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento a differenza della colonna verticale, che raccogliendo gli scarichi di tutti gli appartamenti, serve all’uso di tutti i condomini.”

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Delega in mediazione

La Cassazione, con sent. N.18068 del 5.07.19 indica chiaramente e concisamente che la procura alle liti è inidonea ai fini della presenza in mediazione. La parte che intende partecipare alla mediazione affinché sia validamente presente per delega deve rilasciare apposito documento di conferimento poteri di rappresentanza sostanziale a nulla rilevando in sede di Mediazione la procura alle liti. Se al tavolo della mediazione si presenta solo l’avvocato munito di procura alle liti si ha la parte come non comparsa e non si realizza la condizione di procedibilità.
A commento evidenzio profili di responsabilità dell’avvocato che al cliente propone o accetta di partecipare in sua vece senza i dovuti poteri, contribuendo così egli alla conseguente improcedibilità.

La Cass. Sent. N. 1027/2018 offre una definizione della braga, cioè l’elemento di raccordo tra la tubatura orizzontale di pertinenza del singolo appartamento e la tubatura verticale di pertinenza condominiale e riporta: “mentre la proprietà comune condominiale è tale perché serve all’uso (e al godimento) di tutti i partecipanti, la braga invece, serve soltanto convogliare gli scarichi di pertinenza del singolo appartamento a differenza della colonna verticale, che raccogliendo gli scarichi di tutti gli appartamenti, serve all’uso di tutti i condomini.”

 

 

Infiltrazioni provenienti da quell’elemento di tubazione speciale comunemente chiamato BRAGA: spese a carico dell’utente privato. (13-2-19)
Con sentenza del 2018 la Suprema Corte ha ribadito chiaramente quanto in altre occasioni ha avuto modo di esplicitare: la rottura della braga implica l’intervento del privato, singolo condomino, a servizio del quale essa è posta e allo stesso spetta risarcire il condomino sottostante eventualmente danneggiato.

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Un monito alle strutture sanitarie che non compiono in mediazione: il tribunale di Verona sanziona!

Estratto della sent. del 21.05.2019 Trib. Verona:
“…La convenuta, seppur ritualmente intimata, non è comparsa all’ udienza del 12.1.16 dinanzi all’ Organismo veronese di mediazione forense adito da parte attrice per il tentativo obbligatorio di mediazione ai sensi del Dlgs 28/10.
A giustificazione della mancata comparizione la convenuta ha addotto il fatto che, essendo stata informata dell’ iniziativa dell’ attore solo nel dicembre 2015, non aveva avuto il tempo necessario per procedere all’ istruttoria interna in merito ai fatti avvenuti, sicché il tentativo di mediazione sarebbe risultato senz’ altro inutile e , quindi, la stessa ha per tale ragione preferito non parteciparvi.
In proposito va osservato che l’ impedimento che rileva ai sensi dell’ art, 8, c. 4bis Dlgs 28/10 è esclusivamente quello alla materiale partecipazione al primo incontro dinanzi al mediatore. Pertanto, per andare esente dall’ applicazione della sanzione prevista da della norma, la parte deve allegare e comprovare la sussistenza di un impedimento oggettivo alla sua comparizione dinanzi al mediatore, non rilevando a tal fine giustificazioni attinenti al diverso profilo relativo alla ritenuta utilità o meno del tentativo di mediazione.
La giustificazione addotta dalla Azienda convenuta, quindi, non è certo idonea a giustificare la sua mancata comparizione dinanzi al mediatore, sicché a carico della stessa va applicata la sanzione di cui alla norma sopra citata. La condotta dei sanitari accertata all’ esito del presente giudizio integra astrattamente ipotesi di reato (lesioni colpose ) , del che può darsi atto nel dispositivo ai sensi e per gli effetti di cui all’ art. 59, comma 1, lett d) DPR 131/86, come da richiesta di parte attrice…. PQM ….visto l’ art. 8, 4bis Dlsg 28/10 condanna parte convenuta al pagamento a favore dell’ Erario dell’ importo di euro 759, 00, pari al contributo unificato dovuto per il presente giudizio;…»